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Poesie e romanzi di Paola Alcioni

Ad Assemini oltre pittori e scultori ci sono poeti, poetesse e scrittrici di grande talento che scrivono poesie e romanzi anche in lingua sarda, contribuendo a tenere viva la nostra lingua.

 

Oggi vi parlerò della scrittrice e poetessa Paola Alcioni, classe 1955, nata e cresciuta a Cagliari. Si è laureata in Giurisprudenza ed è diventata copywriter e traduttrice in lingua sarda. Si è trasferita ad Assemini nel 1989.

 

 

Le poesie

Appassionata di scrittura fin dall’infanzia, passione che non l’ha più abbandonata e, anzi, ha continuato a crescere insieme a lei. Ha scritto numerose poesie in lingua sarda con cui ha vinto i più importanti premi di poesia come Ozieri, Posada e Romàngia. Alcune delle sue poesie sono state pubblicate e tradotte in lingue come l’inglese, il tedesco e il galiziano.

 

Alcuni suoi versi in lingua sarda sono stati scelti dallo scultore Antonino Ruggeri per essere scolpiti nella sua opera, una bellissima scultura in pietra della Madonna. Si tratta di versi sulla maternità, intesa sia come donna che come terra:

 

“Striori ‘e obrescidroxu                                          

de is surcus mius                                                    

obertus lébiu                                                          

si ndi scidat”           

***   

“Brivido d’alba/ dai miei solchi/ aperti leggero/ si risveglia”

 

L’opera si trova in piazza Santa Lucia ad Assemini, proprio di fronte alla Chiesa della Santa.

 

 

Tra le sue poesie in lingua sarda abbiamo “Brunzu de aira” con cui invita il popolo sardo a prendere coscienza del proprio potenziale di nazione e, con decisione ma pacificamente, trasformarla in una nuova terra. Nel 2003 ha vinto il 1° premio Ozieri con “Salinas”, per la poesia sarda inedita della sezione “Antonio Sanna”.

 

 

Poesie “Brunzu de aira” e “Salinas”

 

“Brunzu de aira”

Ànima
de brunzu in duas
perras: batallu ‘e aira,
firmu, chi no atripat
spera tenta
e no ‘ndi trinnit cantu.

S’ària bisus no pesat
nimancu de fromentu
biu di afrenta.

Òminis seis,
o follas in currera?
In cali andera e in cali
bentu sperdeis
amentu e spreu?

Ressìnniu s’at a tessi
aintru de is laras
citiristirinnias
de atzàrgiu…

Ma deu,
brunzu de aira, surdu,
a is cuatru bentus,
de cuss’atzàrgiu
sgurdu, lamas acutzas
di arrepicu ap’a fai’
po truncai stentus.

E ‘nd’ap’a fai’
agullas po cosiri
banderas e velas
po atreviri.

E ‘nd’ap’a fai’
orbadas de telàrgiu
po surcus chi tessant
terra noa
de trevessu a lacanas
de tìrria.

E po stàmini ordìu,
fitianu, corriatzu e artivu,
su cantu a istérrida
de su bisu miu…

***

Anima/ di bronzo divisa / in due: batacchio d’ira / immobile, che non percuote / speranza avuta / e non ne vibra canto.
L’aria sogni non lievita / neanche da fermento / vivo di oltraggio.
Siete uomini, / o foglie in corsa?/ In quale sentiero e in quale / vento disperdete / ricordo e indignazione?
Rassegnazione tesserà / tra le vostre labbra / silenzi-ragnatele / d’acciaio…
Ma io, / bronzo di sorda ira / ai quattro venti, / di quell’acciaio / non affilato, lame aguzze /di rintocco farò / per rompere gli indugi.
E ne farò / aghi per cucire / bandiere e vele / per osare.
E ne farò / vomeri di telaio / per solchi che tessano / terra nuova / di traverso a confini / d’odio.
E per ordito, / incessante, tenace e orgoglioso, / il canto a distesa / del mio sogno…

Paola Alcioni 2004

 

 

“Salinas”

Assoliendi in sa spunda ‘e s’istadi
apu trisinau passus notzentis
in s’oru ‘e una salina streminada.
Unda morta, logus de solidadi…
Fradi, is ogus
chi ariseru in s’arta barandillia
t’ant arrisiu,
ant connotu pesadillia e prantu.
Imoi sunt cantu ‘e sderruta
chi a fogu mi sinnat sa cara
abruxada
de is bortas chi seu arruta
pesendimindi bianca de sali.
Aperdada spera…
Fortzis cras ant ‘ essiri bandera
in su bentu, luxenti ‘i avolotu
a sa strossa ‘e sa terra stimada,
tzerriu de feli di aciotu
a s’astori chi improsat sa cria.
Ma òi sa manu mia
a sa fraci abbrigada ‘e su bisu
s’est alliagada. Tui, fradi,
mi dd’as sanada, torrendimì
s’arrisu e spartzendi
s’amori po su matessi frori.
E si in sa cara intzertas
repentina callendisì
un’umbra ‘e scuriori,
no ti domandis
cantu acua ‘e salina
ingenugada ap’a depi bufai
finas a mi pertungi pramu e laras
e cantu caras ap’a pagai
speras giai sicadas
in su maladitu sidi perdali
de custa marigosa
lacana ‘e sali.

 

Presto uscirà una sua raccolta di poesie, selezionate tra quelle vincitrici di premi, edita da Condaghes, non perdetevela!!

 

 

Non solo poesie: i romanzi

Tra i suoi romanzi si evince la sua passione per le storie di misteri da risolvere. Con “La stirpe dei re perduti”, edizione “il Maestrale”, ha vinto il concorso letterario nazionale per inediti “Junturas” nel 2002. È una storia avvincente con diversi flussi temporali, legati tra loro da un oscuro segreto che si annida nel villaggio di Gurtei. Si parte dalla Sardegna catalano-aragonese, per passare poi a quella spagnola, al Settecento, all’Europa nazista, fino ai giorni nostri. Al centro delle varie vicende c’è una pergamena con il disegno dell’albero deradicato e capovolto che lega una saga familiare al suo segreto.

 

Ha scritto anche romanzi per ragazzi come “Mordipiedi il tenebroso”, scritto in primis per suo figlio e “Il segreto della casa abbandonata”, edizioni “Condaghes”. Il romanzo “Addia” è stato scritto in lingua sarda (campidanese di Cagliari e logudorese di Torpè) con Antonimaria Pala, con cui ha vinto il Premio Deledda 2008 per la sezione di letteratura in lingua sarda. Le due varietà di lungua sarda si intrecciano fino a diventare un’unica lingua.

 

È un romanzo storico ambientato nel periodo successivo al Concilio di Trento, quando i Gesuiti arrivano a Cagliari. Addia è il nome della protagonista di questo romanzo ma è anche una parola che in campidanese significa oltre. Lei e suo cugino Lenaldu sognano che l’isola si riscatti dai conquistatori ma viene accusata di stregoneria dall’inquisizione e i Gesuiti vietano l’uso della lingua sarda nell’insegnamento.

 

Nella seconda metà del Cinquecento in Sardegna i fermenti autonomistici sono ancora vivi e si aspira al ritorno del periodo giudicale, periodo di indipendenza politica. Con questo romanzo i due autori hanno voluto usare la lingua sarda come simbolo di libertà, lingua con cui il popolo  si può riappropriare delle proprie radici, ricostruendo la propria identità e il proprio futuro. Perchè senza identità non può esserci un futuro.

 

Alcuni suoi lavori, tra cui il romanzo “Addia”, sono stati rappresentati in teatro dalla Compagnia Olata, da Theandric Teatro e da altre produzioni.

 

 

Bibliografia

 

Addia (con Antonimaria Pala), Condaghes, Cagliari 2004;

La stirpe dei re perduti, Il Maestrale, Nuoro 2003;

Il segreto della casa abbandonata, Condaghes, Cagliari 2004;

Mordipiedi il tenebroso, Condaghes, Cagliari 2012;

 

 

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